I Garibaldini Pietrini del 1860 di Lino Guarnaccia

Nel 1860 tra i circa 10.000 ‘Picciotti’ che si unirono ai 993 garibaldini (Gazzetta Ufficiale del Regno del 12-11-1878) vi furono anche dei ‘Picciotti’ pietrini.
Già prima dello sbarco a Marsala di Giuseppe Garibaldi e dei suoi 993 garibaldini (11 Maggio 1860) la Sicilia brulicava di animi generosi; e ciò fin dal 1848.
Tra questi ‘coordinatori’ c’era il Priore del Convento di Santa Maria di Gesù, Padre Rosario (Francesco Nicoletti), che era il Presidente del Comitato Rivoluzionario Antiborbonico, come si può ben rilevare da tre nobilissime lettere riportate nella “RASSEGNA STORICA DI STUDI DEL RISORGIMENTO” (Anno XXI, Sett.-Ott. 1934, fasc.V) dal titolo “Caltanissetta e i suoi volontari nel 1860.”
In questo volume a pagina 1127 sono riportati anche gli elenchi dei volontari della provincia di Caltanissetta di cui Pietraperzia allora faceva parte. I comandanti delegati al reclutamento dei volontari per conto di Garibaldi erano il Governatore Francesco Morillo, barone di Trabonella, Don Francesco Paterniti, il capitano Notarbartolo ed altri.
Enrico Pennacchini con lettera diretta ai Segretari di Stato e Interno, della Guerra e della Marina in data 30 Giugno 1860 rivendica di aver equipaggiato ed armato 21 volontari di Caltanissetta (o.c. pag.1126), il barone di Trabonella ne aveva equipaggiati altri 21 (lettera 9-6-1860), il capitano Notarbartolo altri 72, che il 9 Giugno partirono “per il campo d’azione sotto la guida di Francesco Paterniti”. Con altro elenco (pag. 1127) sono riportati 83 nomi senza nessuna indicazione di provenienza. Ai numeri, sotto elencati, troviamo: 20 Silvio Giarrizzo, 21 Paolo lmbrescia, 34 Calogero Demma, 37 Anselmo Ippolito, 44 Giuseppe Milano, 48 Giacomo Di Dio, 50 Giacomo Curatolo, 51 Calogero Sollima, 52 Vincenzo Turco, 57 Rocco Guarneri, 59 Filippo Di Natale, 62 Giuseppe Puzzo: tutti di Pietraperzia. Questi volontari formavano il battaglione NIEDERHAUSEN il cui comandante era EBER ed il vicecomandante Don LUIGI FIORE, alle dipendenze della colonna TURR.
La conferma della presenza dei nostri volontari tra i ‘Picciotti’ la troviamo in un documento riportato a pagina 1130 in cui è detto che “Pietraperzia spese per i suoi volontari Ducati 38 e grana 16” e ciò è riportato anche in A.S.S.O. 1961, foglio 1, fasc. III.
Ancor prima del 1860 focolai di rivolta si erano accesi in varie città e paesi della Sicilia, anche per la profonda frattura fra la popolazione divisa in due classi sociali ben distinte: i nobili e i plebei, i cavalieri e i proprietari, gli abbienti e i poveri. Il popolo cercava sempre l’occasione per scuotersi dal pesante giogo d’asservimento e soddisfare la sua sete di giustizia.
Anche Pietraperzia soffriva questa situazione generale. Dalla parte del popolo stava il clero lungimirante e diverse persone di mente elevata. Prima del 1848 svolsero un’intensa attività libertaria i frati di S. Maria di Gesù. Da un attento esame dei documenti sui fatti del 1848 troviamo che il padre guardiano Cannata ed il laico Fra Rosario da Pietraperzia (Francesco Nicoletti) patirono persecuzioni e duro carcere. Infatti, scoperti dalla polizia borbonica, vennero arrestati e rinchiusi nel carcere di Noto dove rimasero diversi mesi tra privazioni e tormenti e non vollero firmare mai domanda di grazia.
Le truppe garibaldine giunsero a Pietraperzia, il 3 Luglio 1860, provenienti da Caltanissetta. Questa colonna, formata da circa 200 Garibaldini, era entrata dal valico tra il Camposanto e S. Francesco e sì era accampata “a lu Tunnuvicchiu”. La popolazione fu presa dal panico, risentendo ancora della tragica esperienza sofferta al passaggio delle truppe borboniche il 27 Maggio 1860. Queste al comando del generale Alfan de Ribera avevano causato la morte di oltre 30 nostri concittadini.(1)
Le madri, all’arrivo delle camicie rosse, nascosero le loro figlie dentro le casse con la biancheria e l’argenteria. Altre si rifugiarono alla Montagna, alle Mandre o in luoghi inaccessibili. I più animosi, uomini e donne, andarono loro incontro portando immagini di santi e pane presentato in cestini.

Giuseppe Garibaldi fotografato a Palermo nel luglio 1860

Si dice che a “lu Tunnuvicchiu” ci fosse stata una scaramuccia con i borboni, ma ciò non risulta da nessun documento. Molti nostri concittadini, quando i Garibaldini partirono alla volta di Barrafranca, si unirono a questa colonna. Tra questi ricordiamo: Giovanni Bonaffini, Calogero Perdicaro e Felice Castronovo.
Il 22 Ottobre 1860 Pietraperzia deliberò l’annessione al Regno d’Italia. Su una popolazione di 9361 abitanti gli aventi diritto, cioè “i civili”, erano 2242 e votarono tutti “SÌ”; almeno così risultò. “Il popolo vuole l’Italia unita e indivisibile con Vittorio Emanuele II Re costituzionale e i suoi legittimi discendenti!”
Circa due anni dopo, il giorno 11 Agosto 1862 – Lunedì – alle prime ore del mattino il generale Garibaldi giunse a Pietraperzia accompagnato dal presidente della Società Emancipatrice Unitaria, Don Filippo Perdicaro, dal Sindaco Don Gaspare Nicoletti, da Giorgio Aproni, da Don Carlo Deliteris, da Don Filippo Cremona-Guarneri, da Don Antonino Falciglia, da Don Paolo Bevilacqua, da Don Giovanni Adamo, da Don Giuseppe Tortorici, da Don Salvatore Di Blasi, da Don Gioacchino Giarrizzo e da molti altri ,nonché da Giovanni Nicotera e Fra Giovanni Pantaleo (Vedi A. Monte, La vita di Giuseppe Garibaldi giorno per giorno narrata ed illustrata, Vallardi 1932, p.166).
Grandissimo fu l’entusiasmo dei cittadini per l’eroe, il quale, dopo aver visitato il paese e sostato qua e là, si ritirò per il pranzo in casa Di Blasi. Dal loro balcone parlò alla folla entusiasmandola (Vedi “Memorie Storiche su Pietraperzia” di Francesco Tortorici Cremona    in “La Siciliana” clicca qui).
Mentre Garibaldi si trovava a Pietraperzia giunsero da Barrafranca un gruppo d’illustri cittadini: Don Vincenzo Russo, Don Alessandro Russo, Don Benedetto Li Gotti, Don Antonino Mattina, Don Liborio Romano, l’avvocato Luigi Giuliana, il farmacista don Vincenzo Romana e Don Giuseppe Aleo (A.S.S.O. anno 1961). Dopo d’aver dato un’occhiata ad una carta ed essersi consultato con i suoi collaboratori Garibaldi alle ore 12.00 dell’undici Agosto partì per Barrafranca. Toccante e suggestivo fu il gesto di Stella Bonincontro che al passaggio del generale e del suo seguito, affacciatasi al balcone e non avendo fiori da buttare sull’eroe, strappò i rami di basilico e glieli buttò (A. Comandini, L’Italia nei 100 anni – A.S.S.0 a.1961: articolo di A. Li Gotti). Garibaldi fu ricevuto nella Chiesa Madre di Barrafranca dove i sacerdoti intonarono il Te Deum ed il Sindaco tenne un discorso memorabile.
Alle ore 16.00 Garibaldi fu riaccompagnato a Pietraperzia, come si rileva da un manoscritto di Mulè Bertolo presso la Biblioteca Comunale di Caltanissetta, segnato 00205, ff.3. Cenò e pernottò a Pietraperzia presso la famiglia Di Blasi.
L’11 Maggio 1979, cioè 117 anni dopo che Garibaldi visitò Pietraperzia, andai a vedere la casa che ospitò l’eroe. Mi accompagnavano i Signori Luciano Valverde, Giuseppe Maddalena, Gabriele Nicoletti ed il mio inseparabile amico geometra Salvatore Di Lavore. I proprietari di quella casa, sita in via Principessa Deliella n. 160 (allora via S. Francesco) – quasi di fronte la Chiesa di Sant’Elia -, signori Cosentino-Guarnaccia, furono cortesissimi permettendo di vedere e fotografare ogni angolo.
Lasciai quella casa con molta tristezze pensando ai sacrifici dei nostri Garibaldini e ‘Picciotti’ per far sì che la Sicilia divenisse parte integrante dell’Italia!
La nostra Pietraperzia non sì è degnata di dedicare, in più di un secolo di vita, una semplice targa a ricordo della storica presenza dell’eroe dei due mondi nella nostra cittadina: 11-12 Agosto 1862!
Mi auguro che queste pagine possano servire a questo scopo.
Il 13 Agosto 1862 Garibaldi fu a Enna ed il 20 a Catania con oltre 4000 volontari. Verso le ore 2.00 del mattino s’imbarcò con i suoi volontari sui piroscafi il Dispaccio ed il Generale Abbatucci, per la Calabria dove sbarcò a Melito Porto Salvo il 25 Agosto 1862.
Tra i 4000 volontari, che si erano concentrati a Catania, vi era anche il battaglione garibaldino di Pietraperzia, come si può rilevare da un documento della Società Emancipatrice locale.

Rosolino Pilo

Con Reale Decreto del 17 Agosto 1862 era stato dichiarato lo stato d’assedio della Sicilia e molti volontari nascostamente abbandonarono il generale Garibaldi per fare ritorno alle loro case e così non incorrere nei rigori della legge.
Dopo lo sbarco a Melito in Calabria, Garibaldi e i suoi volontari vennero tallonati dalle truppe del colonnello Pallavicini tanto da ridursi sull’ Aspromonte a circa 1500 uomini. In una breve scaramuccia, Garibaldi venne ferito ad un piede e alla coscia e portato prigioniero al forte di Varisano. Con R. D. Vittorio Emanuele Il firmò l’amnistia per l’eroe e per i suoi volontari che così poterono tornare liberi alle loro case.

 

(1)    Il Priore dei francescani di Pietraperzia, fra’ Francesco Nicoletti, in data 27 e 28 maggio 1860 invia lettere di protesta e scrive che i Borbonici avevano ucciso «fanciulli innocenti, imbelli donne, pacifici ed inermi contadini… si deplorano sinora circa trenta vittime, si son trovati dei cadaveri divorati da cani, si fa ricerca di fanciulli dispersi o uccisi nelle campagne vicine» (Lino Guarnaccia, Il Castello di Pietraperzia, Tipografia Di Prima, Pietraperzia, 1985, p. 151). Le vittime accertate a Pietraperzia in realtà furono 5:
Leonardo Fiore di Giuseppe di anni 28,
Rosario Culmone fu Filippo di anni 68,
Vincenzo Viola di Francesco, di anni 18
Luigino Miccichè, di 15 anni.
Salvatore Guarnaccia di anni 64.

 

L’articolo di Lino Guarnaccia è stato pubblicato dal mensile LA VOCE DEL PROSSIMO.
Dicembre 1984 – Anno IV – n.3