Barresi e Pietrini sono cugini

Liliana Conti Cammarata, “La luna del barrafranchese”

Barresi e Pietrini sono cugini. O almeno così scherzosamente i barresi definiscono i pietrini e altrettanto fanno costoro nei riguardi degli abitanti del vicino paese, quasi a voler rilevare una comune discendenza e un’affinità storico-culturale tra i due centri abitati. Per verificare tale assunto basta una semplice constatazione: i matrimoni tra barresi e pietrini, o se preferite tra “pirzisi” e “ ballafranchisi”, sono frequenti, mentre quelli tra gli abitanti di Barrafranca e quelli di Mazzarino che parimenti sorge a breve distanza sono quasi quasi inesistenti. Chiediamoci perché? Una prima spiegazione, la più semplice, è data dalla vicinanza dei due centri abitati che, prima della costruzione della rotabile per Caltanissetta era ancora minore, grazie al tracciato della Via della Lettiga che dalla Cava- Sitanà portava verso la contrada Tardara di Barrafranca. Una seconda è di carattere storico: i due centri, soprattutto a partire dalla signoria dei Barresi in poi hanno subito le stesse dominazioni e le stesse signorie. Da un punto di vista dell’organizzazione feudale del territorio Pietraperzia diventa il castrum fortificato e la residenza signorile, mentre Barrafranca, un tempo Convicino, si trasforma in villa, cioè in un villaggio, e poi in un paese operoso. La terza spiegazione di carattere etno-antropologico è la più vaga ma anche la più forte: pietrini e barresi condividono una galassia di miti, leggende, gabbi, dicerie che ci giungono dalla comune cultura popolare. Spesso, come accade nelle migliori famiglie queste leggende, sono intrise di un’acuta ma bonaria rivalità tra le due comunità. Quello stesso antagonismo che fa attribuire l’epiteto di “asini” ai “pirzizi” e quello di “strazzalinzola”, cioè zotici, ai “ballafranchisi”. L’apologo più noto su tale vicendevole scherzoso dileggio è quello che Francesco Lanza raccoglie nei suoi “Mimi Siciliani” col titolo “La luna del barrafranchese” che racconta l’ottusità di due contadini presumibilmente barresi. A Barrafranca, la stessa storia viene raccontata ancora oggi come “Lu sceccu si vivi la luna”, caricando d’inflessioni pietrine la parlata dei due stolidi protagonisti per evidenziarne l’origine. Ma la leggenda che più spiega la “cuginanza” e il rapporto di affetto- rivalità, tra gli abitanti dei due centri è quella che riguarda un presunto scambio del santo patrono protettore delle due comunità. Così si raccontata in “Barrafranca: la storia, le tradizioni, la cultura popolare” di Orofino-Licata:

La favola del Santo cambiato.

Si dice che i santi protettori di tutti i paesi vicini fossero fratelli fra di loro. Dodici Santi, dodici fratelli. Anche San Filippo di Aidone, che pure era nero in viso per essere caduto da bambino nella pece. San Rocco era protettore di Barrafranca e Sant’Alessandro di Pietraperzia. Si dice pure che c’era una festa durante la quale le due statue dei Santi venivano portate in una chiesa a metà strada fra i due paesi vicini. I barresi, che si erano accorti che Sant’Alessandro faceva più miracoli di San Rocco, pensarono bene di cambiarsi il protettore. E coll’inganno, alla fine della festa, riuscirono a scambiare le statue nascoste da teli. Nonostante la sostituzione, avvenne che tutti rimasero legati da devozione ai vecchi patroni. Così ancora oggi, per la festa di San Rocco tutti i barresi si recano a Pietraperzia a trovare il vecchio patrono e altrettanto fanno, oggi forse è meglio dire facevano, i pietrini per la festa di Sant’Alessandro”. L’episodio totalmente immaginario è accennato dal Pitrè e si può a buon diritto collocarlo tra quegli esempi di faziosità devozionale di cui amabilmente disquisisce Sciascia in “Feste religiose in Sicilia”.

Carmelo Orofino