ARTISTI NELLA CHIESA MADRE

Questo articolo di Giuseppe Di Natale, allora vicedirettore dell’Archivio di Stato di Enna, porta alla luce, attraverso documenti di archivio, i nomi degli autori, in quel momento ancora sconosciuti, di tre altari in marmo e del pulpito in legno della Matrice, con le modalità di esecuzione dei lavori e dei pagamenti.

Interno Chiesa Madre di Pietraperzia – Foto di A. Caffo

 

ARTISTI NELLA CHIESA MADRE

Verso la fine del 1700, non essendo l’edificio esistente adatto ai tempi per vetustà e per capacità di accogliere l’aumentata popolazione, si diede inizio alla riedificazione della nuova Chiesa Madre di Pietraperzia. Fra i numerosi artisti, che fino ai nostri giorni vi presero parte, non si conoscevano ancora i nomi di Tommaso e Rosario Privitera, scultori in marmo della città di Catania, nonché dello scultore in legno Giuseppe Sberna di Castrogiovanni. Di essi si ha notizia in due documenti conservati all’Archivio di Stato di Enna.

IL PRIMO è dei 1792 in Notar Michele Fiore, vol.6197, pagg. 184-187.
Trattasi di ratifica, datata 19 Settembre 1792, relativa all’approvazione da parte del Rev. Arciprete Don Girolamo Frangipani dell’atto di obbligazione, stipulato in Catania per gli atti del Notaio Biagio Consoli il 1° Novembre 1792, tra don Giuseppe Giarrizzo, a tal uopo commissionato dal surriferito Frangipani, e i “fabri marmorarii” catanesi Tommaso e Rosario Privitera. L’atto di obbligazione è allegato alla ratifica.
Da esso sappiamo che i Privitera, padre e figlio, si obbligano ad eseguire per la Chiesa Madre di Pietraperzia “numero tre Altari di marmo per la detta Venerabile Chiesa madre di Pietraperzia, uno dei quali, che dovrà servire per il Divinissimo Sagramento, dovrà essere col Tabernacolo, e l’altri. due senza Tabernacolo. Ogni avanti altare di tutti, e tre gli altari deve essere alto palmi quattro, lungo palmi otto con tutti gli oggetti della Ciumasa, ed imbillicciati colli cinque colori della chiesa, cioè Bianco, Rosso, Nero; Verde e Violaceo.
E tutti e tre gli altari devono essere con tre scalini di colori diversi, uno cioè scalino, verde Cimigliano, altro di rosso di Francia, e l’altro Pavonazzo di Saravezza di Genova.
Il primo gradino di ogni altare, che posa sopra la Mensa deve essere lungo palmi undeci, e sotto detto gradino ai due lati d’ogni altare, vi devono essere due pilastrini, uno cioè per ogni lato, per fare così l’altare, e li due pilastrini la lunghezza di palmi undeci, ed a proporzione, e corrispondenza del primo gradino dovranno essere il secondo, e terzo gradino d’ogni altare. In tutti, e tre li sudet ti altari vi deve essere pure tutta la Mensa Sana (sic) di Marmo bianco liscio. Quali tre altari si devono da parte detti Padre e figlio Privitera, sì come essi s’obbligano fare, e travagliare d’oggi innanzi magistralmente, e secondo richiede l’arte come sopra, giusta però il disegno fatto dallo spettabile don Domenico Carbonaro di questa sudetta Città (Catania) che si è alli medesimi, come loro dissero, consegnato, ed a bene vista dello stesso spettabile di Carbonaro, e darsi compìti, e sbrigati’di tutto punto nel venturo mese di Luglio dello entrante anno 1793… E questo per il prezzo in tutto di onze centosei, di patto. A buon conto delle quali, li surriferiti Padre, e figlio di Privitera in forza del presente dichiarano, e confermano aver ricevuto dal suddetto Arciprete Frangipani, e per mano del sudetto spettabile di Carbonaro onze dieci in denari di buono e giusto peso. E lo resto di dette onze centosei si dovrà sodisfare, sì come il sudetto di Giarrizzo in virtù del presente s’obbligò, ed obbliga pagare, e sodisfare alli sudetti Padre e figlio di Privitera travagliando, soccorrendo, ed infine allestendo. Sì procede di patto che detti tre altari sbrigàti, che saranno, si dovranno da questa sudetta Città di Catania trasportare in Pietraperzia a proprie spese di detto Rev. Arciprete Frangipani, di patto.
Patto pure, che li detti Padre e figlio di Privitera dovranno, sì come s’obbligano a sue proprie spese portarsi in Pietraperzia allor quando si dovranno collocare in detta Venerabile Chiesa Madre li detti tre Altari per dare la loro assistenza alli Maestri Muratori nella collocazione delli cennati Altari; con questo però, che detto Rev. Arciprete Frangipani deve, sì come il predetto di Giarrizzo, commissionato, s’obbliga dare a detti Padre é figlio di Privitera il presente in detta di Pietraperzia ed il mangiare e bere per quei giorni che li medesimi staranno in Pietraperzia per la collocazione di detti Altari; come pure pagare alli sudetti Padre e figlio di Privitera l’accesso, oppure il recesso di tre vetture da Catania a Pietraperzia, o converso. Così di patto, ecc..”.

IL SECONDO DOCUMENTO è del l’maggio 1860 in notar Vincenzo Ballati, vol. 5476, pagg. 227-231. È una quietanza di denari fatta dallo scultore Giuseppe Sberna, e altre persone, a favore del beneficiale don Francesco Paolo Corvo. Datata 25 febbraio 1859, trovasi allegata alla quietanza una scrittura privata tra i surriferiti Sberna e Corvo.
Dalla scrittura privata si rileva che il beneficiale don Gaspare Corvo, con testamento olografo del 15 settembre 1846 in notar Giovanni Tortorici, di-sponeva un legato di onze nove e tarì diciotto di lordo annuo a favore della Chiesa Madre di Pietraperzia da erogarsi dal suo erede universale, istituito nella persona del canonico don Francesco Paolo Corvo, in “adorni, pavimento, e suppellettili-per uso di detta Chiesa con ritirarsene àpoca delle erogazioni fatte”.
“Or io. di Corvo, – si legge nella scrittura privata -, volendo adempìre a tale spesato ho proposto farsi costruire un pèrgamo per uso di detta Chiesa che manca confacente al Tempio mentre l’attuale non trovasi adatto, ed essendosi per tale lavoro offerto detto Sberna si sono fatti i corrispondenti modelli, e si è convenuto quanto segue, dietro d’essere approvati, cioè: lo di Sberna tenuti presenti i detti modelli, detti disegni, e la relazione relativa che sono stati firmati per non potersi alterare tanto da me, che da detto sacerdote e che fan parte integrale nella presente scrittura privata, mi obbligo fra il termine di mesi otto a contare d’oggi stesso costruire il pèrgamo (=pulpito) in parola giusta i detti modelli, da servire per uso di detta Chiesa, ove mi obbligo consegnarlo. Sarà costruito il medesimo con l’ossatura di legname piopo ben forte, e stagionato della grossezza capace a sostenere il carico corrispondente giusta l’arte; per tutt’altra che verrà levigato, ossia liscio sarà fatto di tavole veneziane a tutta grossezza: gli adorni per la scoltura di salice ben stagionato, e per la cornigiami di piopo, o tavole veneziane scelte di ottima qualità, che saranno a bassi rilievi giusta il disegno, e relazione: le colonne superiori nell’ordine torcellate ed indorate a mistura soprafina d’unità (sic) alle basi, e capitelli dell’ordine inferiore: Tutt’altro colorati di quei colori a scelta del detto Canonico Corvo con farsi con vernice soprafina. Mi obbligo del pari costruirvi la scala corrispondente per salire sopra detto Pergamo liscia, e movibile, e colorata, come anco formarvi nel pèrgamo un braccio per sostegno del Crocifisso colorato anche a vernice. Il tutto sempre giusta i modelli di sopra in parola, ed a mie spese. Tale opera in appalto si è stabilita per la somma di onze sessanta a colpo, quali in quanto ad onze venti io di Sberna ricevo dal detto Canonico Corvo, e per le altre onze quaranta mi si dovranno somministrare, onze venti nei corso dell’opera, ed onze venti appena consegnerò detta opera completta”. Ed io di Corvo accettando la superiore obbligazione del detto Sberna dichiaro di avere con effetto esborzato le dette onze venti, e mi obbligo pagare le altre onze quaranta nel modo di- sopra espressato, ed anzi quante volte tale pèrgamo sarà allestito con tutta perfezione, e di mio compiacimento, e del Pubblico, in tal caso prometto un complimento a mia discrezione.” “lo don Vincenzo Di Blasi del fu dottor don Stefano qui pure domiciliato proprietario, per far cosa grata allo Sberna, e mostrare una certezza al Corvo, ove lo Sberna non potrà eseguire tale opera, personalmente mi obbligo col detto Corvo ad indennizzarlo delle somme esborzate al detto Sberna in anticipo come sopra delle onze venti, quale obbligo del di Blasi, io di Corvo accetto.”
Dalla Quietanza del 1° Maggio 1860 abbiamo il quadro completo delle spese erogate dal Corvo allo Sberna per la costruzione del pèrgamo (=pulpito) e ad altre persone, tutte di Pietraperzia, che contribuirono alla sua costruzione.
La somma totale impiegata fu di onze settanta, tarì ventisei e grana dodici, così suddivisa:
1)   a don Giuseppe Sberna del fu don Sebastiano, scultore di Castrogiovanni, onze 62, tarì 15 e grana 16; e cioè: onze 60 per la costruzione del pèrgamo consegnato al Corvo; onze due, tarì 15 e grana 16 per regalìa, tintura del cancelletto di ferro, carta e registro della scrittura privata;
2)   a don Salvatore larìa, negoziante, onze 1, tarì .24 e grana 6;
3)   a Maestro Luigi Costa,”ferraro”, onze 3, tarì 28 e grana 9 ” per compra di ferro e trasporto da Caltanissetta e manodopera del cancelletto situato a torno del pèrgamo”;
4)   a don Vincenzo Capra, negoziante, onze 2, tarì 9 e grana 16 “per compra di canne tredici di mugolino bianco e rossa, che si bisognò farsi per fodera del Pergamo”;
5)   a Maestro Filippo Cascio, “sartore”, tarì 7 “per compra di cordella e cugitina d’essa Fodera”;
6)   a Maestro Vincenzo Tragno, “muramiere”, tarì 3 e grana 10 “per compra di gesso, maestrìa, e trasporto del pèrgamo nella Chiesa Madre”;
7)   a Maestro Vincenzo Marrocco, “apparatore di Chiesa”, tarì 3 e grana 15 “per compra di mugolino rosso, che servì per fodera sopra il legno del Pergamo, ove si suole battere le mani del Predicatore”.

Giuseppe Di Natale

 

Il nostro concittadino Giuseppe Di Natale, che ci ha fatto pervenire queste inedite notizie sulla Chiesa Madre, è autore di un interessante studio (ancora inedito a novembre del 1984) sulla triste vicenda del brigante Testalonga. (LA REDAZIONE DI “LA VOCE DEL PROSSIMO”)

L’articolo di Giuseppe Di Natale è stato pubblicato dal mensile LA VOCE DEL PROSSIMO.
Novembre 1984 – Anno IV – n.2