RICORDO DI DIEGO MESSINA

Il “bibliotecario” di Giuseppe Arcimboldo

 

Il Circolo di Cultura vuole ricordare Diego Messina, un grande personaggio di Pietraperzia, non “un uomo di cultura” ma “l’uomo di cultura”; così lo definisce Giovanni Falzone, allora giovane universitario,(1) e suo amico personale; come se la cultura fosse stata connaturata alla sua vita fatta quasi sola di libri. Lo ricordiamo con due articoli e una toccante poesia composta da Lino Guarnaccia. Mentre dagli articoli emerge una diversa percezione della sua personalità a seconda di chi nutriva un profondo rispetto per la sua vasta cultura o di chi lo considerava una brava persona “un po’”stravagante, con poco senso pratico e “un po’” troppo fuori dagli schemi per il conformismo del suo paese. Un uomo solo in mezzo a tanti amici. Proviamo una grande pena per la sua solitudine e una profonda pena per come, improvvisamente, se ne andò.

Scrive su Diego Messina il direttore della Voce del Prossimo Felice Guarnaccia

Stupore, sgomento, dolore ha destato la notizia dell’improvvisa morte di Diego Messina.
Studioso, umanista, sognatore un po’ svanito, uomo di chiara cultura, sempre pronto a commentare una poesia, un brano di greco e latino, appassionato e competente direttore della Biblioteca, che lui stesso aveva riscoperta e portata a livelli apprezzabili di efficienza in pochissimo tempo, è stato colto improvvisamente dalla morte a soli 45 anni, tra i libri con i quali viveva e che amava forse un po’ eccessivamente, il 15 Gennaio, Domenica sera, era con noi in piazza. Da Lunedì mattina nessuno lo ha più visto; era sparito. Tutti lo cercavano. In particolare gli studenti, che egli amorevolmente aiutava nelle loro ricerche, attendevano invano dietro quella porta della Biblioteca che non si apriva. Venerdì mattina con molta apprensione i carabinieri avvertiti, dopo aver infranto una finestra, penetrando nell’abitazione dove dimorava, lo hanno trovato disteso nel suo letto, privo di vita e avviato verso la decomposizione.
Era morto come era vissuto, tra i libri. Al suo fianco un libro appena letto: “L’ideologia del potere e la tragedia greca. Ricerche su Eschilo” di Vincenzo Di Benedetto. Sopra il libro i suoi occhiali e sotto ancora un’Odissea e studi su Dante. Vicino una pila di libri di Sofocle, Euripide ed ancora libri e sempre libri. Erano veramente il suo pane quotidiano, il suo amore più profondo, l’interesse più immediato fino al punto di non essersi accorto del fallimento del suo matrimonio, della sua. vita di tutti i giorni che diventava felice quando poteva parlare di poesia, quando recitava dei versi e non importa se in dialetto, in italiano, in latino o in greco, tanto per lui era lo stesso. Leggere, studiare, consultare testi e testi: questa la sua unica, vera passione.

IN MORTE DI DIEGO MESSINA
di
Lino Guarnaccia

DIEGO!
Or che non farai più la solita salita
da Santa Maria alla biblioteca
né sfoglierai più libri, né sistemerai i giornali
assai m’addolora la tua dipartita.

Ricordo,
quanti saluti, quanti inchini,
elargivi sorrisi, scrivevi l’ovazione
e per quella gente dal Parnaso esclusa
tu fosti un’illusione, fosti la Musa.

Com’eri felice quando recitavi
quando ammiccavi e ti facevi piccino;
quando parlavi di greco e di latino
ad un aringo di popolo a te vicino.

E com’eri sincero quando dicevi:
l’amico “è me frati”, “chitst’omu e un Bamminu”.
E nella biblioteca dove tu davi lezioni
tu fosti una speranza, fosti un lume.

Oh che tristezza Decu che malinconia
per tutta la gente di Pietraperzia
massima per noi qui alla stranìa
che non godremo più della tua compagnia.

 

RICORDO DI DIEGO MESSINA
di
Giovanni Falzone

Scrivere su DIEGO MESSINA a poche ore dall’avere appreso la notizia della sua morte è cosa quanto mai difficile: ancora si è quasi increduli che ciò possa essere accaduto e ci si rifiuta anche di pensarlo, ma purtroppo è tutto incredibilmente vero. Ed allora i pensieri, le immagini, i ricordi si susseguono e si accavallano nella mente. Sono dei flash-back rapidi che affiorano scompaiono, per poi ritornare ancora più intensi e più chiari, lasciando nel cuore una profonda tristezza e malinconia.
È come se fosse ieri il giorno in cui Diego Messina mi iniziò, assieme a tanti miei amici, alla lingua latina e greca, due lingue che ci potevano apparire ostiche e difficili da comprendere e da apprezzare, così lontane nel tempo, ma che invece, grazie al suo amore e alla passione che ci trasfondeva, sono divenute nostro patrimonio di vita e di cultura. E poi le lunghe discussioni che era capace da solo di portare avanti per ore ed ore parlando di Alceo, di Saffo, di Anacreonte, di Euripide, di Terenzio, di Catullo, senza mai stancarsi; dei frammenti greci che egli traduceva e rivisitava in modo e in uno stile personalissimo; degli ottativi, degli accenti acuti e circonflessi nella lettura della poesia in metrica latina e greca; delle opere di Wilamowitz,(2) di Cataudella,(3) suo maestro a Catania, di Vincenzo Di Benedetto(4) che egli considerava come il più grande critico di letteratura latina e greca oggi vivente, verso il quale aveva un’ammirazione e un’ammirazione grande, tanto che, manco a farlo apposta, il libro che aveva accanto a sé nell’ora della sua morte era quello di Di Benedetto.
E come non ricordare le sue magistrali interpretazioni di alcuni canti della Divina Commedia che conosceva quasi tutta a memoria.
Era un uomo che della cultura aveva fatto la sua ragione di essere e di esistere e che amava trasfondere e trasmettere agli altri questo suo amore per il sapere, sicché lungi dall’essere altero e superbo per questo, s’intratteneva con tutti, anche con quelli che non potevano capirlo, ma ai quali pur sempre trasmetteva qualcosa. Pietraperzia ha subìto nel campo della cultura una perdita irreparabile, un preciso punto di riferimento: non era un uomo di cultura, ma l’uomo di cultura, l’uomo che non era geloso del suo sapere ma che era disposto a donarlo agli altri. Ricordo l’ultima volta che nei locali della Società Operaia tenne un recital su Dante: erano stati in pochi ad ascoltarlo, e di quei pochi soltanto alcuni avevano saputo apprezzarlo, mentre gli altri – more solito nel nostro paese – lo avevano criticato. Ne era uscito amareggiato, deluso dal punto di vista personale, ma allo stesso tempo contento perché qualcosa a Pietraperzia si fosse fatto. E lui tanto voleva fare: voleva creare una filodrammatica, dove i nostri giovani imparassero a recitare, a fare teatro, quel Teatro (parlo della struttura) che egli tanto amava e per il quale anelava un repentino completamento.
Aveva fatto della Biblioteca Comunale – della cui apertura (Novembre 1981) si era interessato in maniera preminente – una sorta di cenacolo ove ci si riuniva a discutere, a parlare e che egli desiderava ancora più grande in modo da poter intrattenere i ragazzi, aiutarli quando ne avessero avuto bisogno. Quella Biblioteca per la quale per anni si era battuto e che era ora diventata la sua creatura, riversandole tutto l’amore di cui era capace. A questo proposito, credendo di interpretare il desiderio di tanti altri nostri concittadini, dalle pagine di questo giornale PROPONIAMO ALL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE D’INTITOLARE LA BIBLIOTECA COMUNALE A DIEGO MESSINA i cui libri sarebbe auspicabile che la famiglia li donasse alla biblioteca, rispettando, crediamo, il desiderio, sia pure mai espresso, dello scomparso.
Era quasi commovente la cura che aveva verso i libri che rispettava quasi fossero delle creature, tanta era la delicatezza che egli usava nel maneggiarli, nel curarli, nel togliere la polvere che il tempo vi aveva deposto sopra e che egli spennellava, con meticolosa pazienza, pagina per pagina, foglio per foglio.
Così ci piace ricordare Diego Messina: un uomo ché sembrava vivere tra le nuvole, ed era vero. Diego Messina viveva tra le nuvole, con i suoi eroi: Achille, Ettore, Agamennone; con le passioni e i sentimenti di uno spirito libero, etereo, troppo distante da certe miserie umane, diverso da molti di noi così attaccati al terreno. I suoi amori erano quelli di Dante, di Petrarca, di Ariosto; le sue passioni quelle delle Supplici, del Prometeo, del Filottete… Diego era un ‘eroe’ sofocleo, un uomo che si muoveva in un vuoto terrificante, in un isolamento nel tempo e nello spazio cui la sua cultura e la sua diversità lo avevano costretto.
Tutti noi viviamo sottomettendo continuamente la nostra volontà, i nostri desideri alle esigenze degli altri, espresse come legge della comunità o come opinione dei nostri simili. Impariamo questa lezione nell’infanzia o, a più caro prezzo, in sèguito. Coloro che non riescono ad accettarla o ad impararla finiscono criminali o pazzi. Gli eroi sofoclei non possono scendere a compromessi e conservare il rispetto di sé: essi ciecamente, ferocemente, eroicamente, mantengono e rispettano le proprie decisioni. La resa significherebbe un’autodistruzione spirituale, una perdita della propria identità che in loro, così come l’esistenza indipendente e individuale è assai forte, consci come sono della propria differenza dagli altri, della propria unicità. DIEGO MESSINA era uno di questi: aveva un senso profondo del proprio valore e del valore della cultura e questo talora accresceva la sua amarezza verso chi non lo comprendeva.
Nella crisi della propria vita, lontana dai suoi cari, dalla moglie, dagli amici (ricordo come ancora non fosse stato inserito nella pianta organica del comune e risultasse un prestatore d’opera!), circondato da gente che pur ammirandolo lo guardava con sospetto e non lo stimava come avrebbe meritato, non aveva altro su cui appoggiarsi, altro che la fede in sé stesso, nei suoi libri. Ed è così morto, solo con sé, con il libro che aveva accanto, sognando il verde mare dell’Ellade e l’azzurro cielo dell’Olimpo, ove ora Diego giace contento con i suoi veri amici, gli amici di sempre e da dove contempla le nostre miserie umane. Ciao Diego.

 

Note:

(1)  Giovanni Falzone si è laureato in medicina, con il massimo dei voti e la lode, nell’aprile del 1984, tre mesi dopo la pubblicazione del suo articolo commemorativo su Diego Messina.

(2)  Ulrich Friedrich Wichard Emmo Von Wilamowitz-Moellendorff (Markowitz, 22 dicembre 1848 – Berlino, 25 settembre 1931) è stato un filologo classico e grecista tedesco. Le sue critiche e le sue revisioni sono, tuttora, particolarmente autorevoli e stimate, soprattutto nell’ambito degli studi omerici (in particolare per ciò che riguarda l’Iliade) e degli studi sul teatro greco.

(3)  Quintino Cataudella (Scicli, 4 dicembre 1900 – Catania, 6 luglio 1984) è stato un grecista, latinista, traduttore e accademico italiano.

(4)  Vincenzo Di Benedetto (Altomonte, 12 gennaio 1934 – Pisa, 19 luglio 2013) è stato un filologo classico italiano.

 

Gli articoli sono stati stati pubblicati dal mensile
LA VOCE DEL PROSSIMO nei numeri di Febbraio e Marzo 1984 – Anno III – nn. 5, 6